La corteccia insulare media la diversa risposta affettiva ad individui
stressati
GIOVANNA REZZONI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 03 febbraio 2018.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Si può facilmente riconoscere
una prospettiva opposta nello studio dell’atteggiamento affettivo nei confronti
degli altri, fra conoscenza psicologica e neurobiologica: nel primo caso è
opportuno tendere a conoscere le particolarità di ciascun soggetto, di ciascuna
persona, nelle reazioni e nei sentimenti che nutre verso il prossimo; nel
secondo caso è necessario identificare un nucleo elementare di processo
identico in tutti, e tale che si possa individuare nell’animale per studiarne
le basi neurali.
In un passato non troppo
remoto, molti ritenevano che le due prospettive si escludessero a vicenda,
essendo incompatibili, ad esempio, nel percorso formativo dello psichiatra: si
doveva scegliere se stare dalla parte della psichiatria biologica, legata al
riduzionismo, all’organicismo e ai trattamenti esclusivamente farmacologici; o
stare dalla parte della psichiatria psicologica, più prossima all’olismo, tendente
all’analisi di ciascuna personalità e all’impiego della psicoterapia. A lungo,
anche se già esisteva la psichiatria molecolare, il primo approccio è stato
ritenuto antiquato ed appartenente ad una visione culturalmente poco evoluta,
mentre il secondo costituiva, per la maggioranza, un progresso da ogni punto di
vista. La rigida contrapposizione ha ben presto ceduto il passo ad una più
meditata riflessione, che ha portato la maggior parte degli psichiatri della
generazione successiva ad abbandonare le separazioni preconcette e a
comprendere, grazie anche al mutamento di prospettiva introdotto dai progressi
delle neuroscienze di base, che è necessario acquisire dati e nozioni con metodi
diversi, comprendendone la relatività, ma anche cercando, ogni volta che sia
possibile, di trarre sintesi concettuali. Tali sintesi, non di rado, si
rivelano preziose per costruire un modo allo stesso tempo più scientifico e più
umano di conoscere e capire, per poter diagnosticare e curare. Un esempio - un
po’ banale ma credo appropriato per introdurre lo studio qui di seguito
recensito - può essere quello dell’utilità nel comprendere quanto una reazione
affettiva elementare, filogeneticamente conservata, possa incidere nel
modellamento psicologico in generale e quanto la sua amplificazione o
frustrazione, nella realtà relazionale di una specifica persona, possa
contribuire ad alterare gli equilibri del suo adattamento psicologico.
Un importante anello di
congiunzione fra affettività animale ed umana è costituito dalla capacità,
rilevata in molte specie e studiata soprattutto nei mammiferi, di rappresentare
nel proprio cervello lo “stato mentale” dell’altro: una base per studiare le
radici dell’empatia della nostra specie, ma anche per cercare di comprendere
l’origine nella storia biologica di reazioni apparentemente idiosincrasiche,
comuni a molti e in alcuni casi modificate da un’educazione ispirata a valori
di civiltà. Gli animali che vivono in condizioni di socialità rilevano, dunque,
gli stati affettivi dei loro conspecifici ed utilizzano questa informazione per
la gestione delle interazioni sociali. Uno studio condotto da Morgan M. Rogers-Carter
e colleghi ha valutato nel ratto il comportamento tendente ad approcciare o
evitare altri membri della propria specie in uno stato neurofunzionale
oggettivato, comparabile ad uno stato affettivo-emotivo umano, ottenuto
sottoponendo una parte degli animali a stress
secondo criteri e procedure standard. I ratti sottoposti ad osservazione
potevano scegliere fra conspecifici stressati e sani in condizioni ordinarie;
accadeva che, in parte, approcciavano, in parte evitavano gli stressati, e ciò
non avveniva casualmente ma secondo un preciso criterio di scelta. I ricercatori,
riconoscendo questo criterio, hanno cercato e trovato le basi neurali del
processo che porta a modulare la scelta ed esercitare la preferenza.
(Morgan M. Rogers-Carter, et al.,
Insular cortex mediates approach and avidance responses to social affective
stimuli. Nature Neuroscience – Epub
ahead of print doi: 10.1038/s.41593-018-0071-y, Jan. 29, 2018).
La provenienza degli autori è
la seguente: Department of Psychology, Boston College, Chestnut Hill,
Massachusetts (USA).
In un test di preferenza affettiva
sociale, in cui ratti maschi adulti potevano interagire con loro conspecifici
normali o stressati, si è rilevato che gli animali approcciavano o evitavano
gli stressati a seconda dell’età di questi ultimi. In particolare, i ratti
sottoposti alla prova si avvicinavano per stabilire contatti sociali ai giovani
che erano stati sottoposti a stress,
mentre evitavano gli adulti stressati. La prima verifica sperimentale
dell’origine del comportamento è consistita, sulla base di numerose evidenze
emerse da studi precedenti, nel blocco funzionale della corteccia dell’insula.
Nel ratto, e in vari altri
mammiferi, questa regione della corteccia cerebrale sembra essere fortemente
implicata nei processi di cognizione sociale. L’inibizione della corteccia insulare perturbava,
sostanzialmente abolendolo, il comportamento di scelta descritto. Allo stesso
modo, il blocco dei recettori
dell’ossitocina dei neuroni della corteccia cerebrale del’insula,
compromettendo i comportamenti affettivi sociali, aboliva la preferenza per gli
esemplari giovani stressati. In sezioni sottili acute di corteccia insulare,
l’applicazione di ossitocina accresceva l’eccitabilità intrinseca e l’efficacia
sinaptica. La somministrazione di ossitocina insulare riproduceva i
comportamenti caratteristici verso i conspecifici stressati.
I ricercatori hanno proceduto
all’analisi di rete dell’immunoreattività c-Fos in 29 regioni, identificando
connettività funzionale tra la corteccia
dell’insula, la corteccia prefrontale,
l’amigdala e la rete che media le decisioni sociali.
I risultati di questo studio,
per il cui dettaglio si rimanda alla lettura integrale del testo del lavoro
originale, indicano la corteccia insulare
quale costituente chiave nel circuito
che media le risposte, diverse per età, a conspecifici in una condizione
paragonabile ad uno stato affettivo umano.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E
NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
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